sabato 20 agosto 2016

Gavino Oggiano e le sue ceramiche artistiche

Gavino Oggiano e il suo negozio La Pintadera



Al numero 10 di Via Roma, a Valledoria, si trovano il laboratorio ed il negozio La Pintadera di Gavino Oggiano, in cui si trovano le sue creazioni rigorosamente artigianali. La maggior parte dei lavori sono realizzati con la classica ceramica smaltata, dai colori vivaci ed accesi, ma si trovano anche lavori in Raku, una tecnica di origine giapponese che conferisce all'oggetto un aspetto "metallico" a causa del forte shock termico previsto dalla lavorazione.


In negozio non si trovano solo sculture, ma anche ciondoli, orologi, appliques, porta candele e targhe, realizzate con fantasia ed attenzione ai dettagli.








I soggetti preferiti del ceramista sono quelli legati alla tradizione sarda ed all'ambiente marino, di cui è un profondo conoscitore.
I suoi studi sul mondo sottomarino, infatti, lo hanno portato persino in Australia. Non stupisce, quindi, che i suoi lavori marini siano una riproduzione molto dettagliata della realtà.


I suoi lavori gli hanno anche permesso di vincere la prima edizione del concorso ArteCeramica Sarda 2007 con l'opera Atlantide Sarda.




Per vedere altre immagini, si può consultare il sito  https://sites.google.com/site/gavinooggianoceramica/home alla sezione galleria, e contattare l'artigiano al numero 338-7582594.

lunedì 4 luglio 2016

Il Corallo




Animale, non minerale
















Il corallo appartiene al regno animale, perché composto di piccoli polipi che formano il caratteristico scheletro producendo carbonato di calcio. Viene quindi impropriamente definito "pietra" quando si tratta di gioielli.
In natura può formare atolli, barriere o trottoir e si trova di solito in acque molto pulite come quelle di Mar Rosso, Australia e Polinesia. In Sardegna si trova facilmente, ma è particolarmente nota la costa nord- ovest, che prende il nome di Riviera del Corallo.
Il corallo esiste in diverse qualità e colorazioni, che vanno dal rosa pallido (quasi bianco) al rosso intenso, passando anche per l'arancione. Esistono inoltre varietà di corallo più scure, come quella blu o marrone e persino una varietà di corallo nero, l'antipathella subpinnata, che vive nel mediterraneo ma è rarissimo e, soprattutto, protetto.

Uso e proprietà

Poiché il 90% del corallo viene dal Mediterraneo, non sorprende che venisse usato anche dalle civiltà greche e romane, cosa che lo rese anche protagonista di diverse leggende.
La più nota, di Ovidio, vede le sue origini nella morte di Medusa. La Gorgone aveva il potere di trasformare le persone in pietra così, quando Perseo la decapitò ed il suo sangue cadde in acqua, le alghe si pietrificarono e divennero rosse.
In passato venne utilizzato come amuleto contro il malocchio, soprattutto per i bambini, ai quali si regala per garantire salute e protezione.
Non è un caso quindi che il corallo accompagni spesso il coccu, il tradizionale amuleto sardo.

Il corallo rosso è legato al I chakra, mentre quello rosa al terzo, ma entrambi si donano per sviluppare dolcezza, amore, armonia e per gli squilibri legati alla spera affettiva.
Quello rosso, inoltre, ha effetti positivi sulla circolazione del sangue e sulle ossa, mentre quello rosa ha effetti benefici sul fegato.


mercoledì 29 giugno 2016

Il Lentischio

Una pianta mediterranea


Il lentischio (Pistacia Lentiscus) è uno degli arbusti più diffusi della macchia mediterranea, facilmente riconoscibile quando ha le sue caratteristiche bacche rosse. Si trova facilmente nei territori fino a 800m sul livello del mare e può arrivare ad un'altezza di ben 5m. La sua diffusione è dovuta anche al fatto che si tratta di una di quelle piante della macchia mediterranea particolarmente resistenti agli incendi. Fiorisce in primavera e le sue bacche, dal forte profumo balsamico, arrivano a maturazione in tarda estate. Da queste bacche si estrae un olio attualmente utilizzato soprattutto a livello cosmetico, ma in passato veniva utilizzato a scopo alimentare cuocendolo insieme a pane e fichi secchi oppure come olio per friggere, sebbene il suo sapore sia amaro. L'olio veniva utilizzato anche nella produzione di saponi e in sostituzione dell'olio d'oliva per l'illuminazione. Il suo utilizzo ha, in realtà, origini molto remote: Plinio il Vecchio, ad esempio, ne suggeriva l'uso a chi desiderava tingersi i capelli di rosso, ma il lentischio veniva utilizzato anche per la cicatrizzazione delle ferite, delle ulcere gastriche,per la pulizia della pelle ed il trattamento di affezioni alle vie respiratorie.

L'ultima domenica di maggio, ad Escalaplano, si tiene la sagra dell'olio di lentischio; qui resistono ancora la raccolta delle bacche e l'estrazione dell'olio con le tecniche artigianali tradizionali. 
Il nome più diffuso in Sardegna è chessa, ma ve ne sono altri a seconda che si faccia riferimento alla pianta o al frutto: moddizza, moddissi, moddizzi, chessedda (con diverse varianti grafiche a seconda della zona) sono riferiti alla pianta; listincu, listinchinu, ollestincu, stincu sono riferiti al frutto.


Uso e proprietà

Di questo arbusto non si butta via niente: il legno si usa nella produzione del carbone vegetale e negli intarsi; dal tronco si estrae la resina utilizzata per le vernici e i restauri, per la produzione di chewing- gum, mastice per dentiere e paste per otturazioni; foglie e corteccia vengono utilizzate nella lavorazione del pellame e dalle bacche si estrae l'olio. I rametti, inoltre, si utilizzavano nella produzione di cestini e nasse da pesca.
Il lentischio ha proprietà balsamiche, diuretiche, astringenti, emostatiche, facilita la cicatrizzazione delle ferite e viene utilizzato in infuso, olio, resina.
Le sue proprietà lenitive ed emollienti lo rendono particolarmente adatto alla cura delle pelli sensibili e viene tuttora impiegato nella cura di tosse e raffreddori.
Un ulteriore uso è quello di mettere le foglie più giovani nelle scarpe per impedire la sudorazione eccessiva.

In una terra magica come la Sardegna non poteva mancare l'uso magico della pianta: un rametto posto sulla culla dei neonati o al gioco degli animali aveva il potere di scacciare il malocchio.

venerdì 24 giugno 2016

L' elicriso

Il profumo dell'immortalità



"Semprevivo", "Immortale", sono solo due degli appellativi che si è guadagnato l'elicriso a causa del fatto che i suoi fiori mantengono il loro aspetto anche quando si seccano. E se il suo nome viene dal latino (Elichrysum) e dal greco (Eliochryson), in Sardegna questa pianta ha assunto gli appellativi più disparati: quello di Mortiddus viene proprio dalla sua leggenda di immortalità e dal fatto che veniva deposto sulle tombe dei defunti. Per la sua utilità nell'accendere il fuoco viene chiamato Alluefogu e, poiché veniva usato anche per bruciare le setole del maiale abbattuto, viene chiamato Uscradinu.
L'elicriso, per altro, sta tra il sacro ed il profano: si chiama anche frore de Santa Maria perché veniva usato nelle ghirlande da porre sulle statue della Madonna e frore de Santu Juanne per il suo utilizzo legato ai rituali del fuoco durante la festività di San Giovanni. In alcune zone della Sardegna, infatti, si usava mettere rametti di elicriso in numero dispari nell'Acqua di San Giovanni, s'akua 'e fragusu, per poi lavarsi il viso la mattina dopo, mentre un mazzetto di questa pianta bruciato alla festa del Santo permetteva di conquistare la persona amata.
Il suo profumo è facilmente riconoscibile per chi vive in Sardegna: è quello che somiglia alla liquirizia e che si sente in prossimità di una spiaggia o in zone con molta macchia mediterranea.

Uso e proprietà

Ai tempi di Plinio, le donne usavano l'elicriso per regolarizzare il ciclo mestruale, ed oggi sono note le sue proprietà emollienti, fotoprotettive, antinfiammatorie, antiallergiche e balsamiche. Non è un caso, infatti, che si usi anche per fare i fumenti. 
In olio o crema, l'elicriso è utile in caso di scottature solari, ustioni, geloni, bronchiti e sindromi allergiche. Sulla pelle è utile contro ematomi, eczemi, acne, smagliature ed invecchiamento cutaneo.
In essenza stimola il fegato, il pancreas, l'apparato respiratorio ed aiuta in caso di affaticamento nervoso.
Non sono note controindicazioni, ma chi è ipersensibile può sviluppare un'allergia alla pianta.

mercoledì 15 giugno 2016

L'ossidiana: una pietra dal cuore di vetro

Caratteristiche e proprietà del vetro vulcanico che ha cambiato il mondo



L' abbiamo letto in tutti i libri di storia fin dalle elementari: l' ossidiana è un vetro vulcanico che, lavorato, si è rivelato fondamentale per la vita degli uomini preistorici.
Viene impropriamente definita "pietra", probabilmente perché si è usata, e si usa ancora,  nella produzione di monili e gioielli.

In natura si presenta coperta da un guscio,  più o meno spesso e resistente, perciò non è proprio così facile notare un blocco di ossidiana, se non si sa cosa si sta cercando o il blocco non abbia preso un colpo rivelatore del suo prezioso contenuto. È  necessario fare attenzione: è tagliente ma fragile, e una caduta può spezzarla facilmente.
Oggi esistono molti strumenti per tagliare e levigare l'ossidiana lasciandola lucida, ma secoli fa l'unico modo per farle mantenere la sua lucidità era dare un colpo secco colpendola con una pietra apposita o con il legno. Se riceve un colpo netto, l'ossidiana si spacca e porta in se una traccia simile a quella che si crea gettando un sasso nell'acqua, quando i cerchi concentrici diventano più ampi mano a mano che ci si allontana dal punto in cui il sasso è caduto. È per questo che la si può considerare una "pietra viva", perché è come se fosse un "liquido solido".
L'ossidiana si trova in diverse varietà a seconda degli elementi chimici contenuti nella lava e del raffreddamento. L'ossidiana nera è forse la più diffusa, ma ne esistono diverse varietà: nera, grigia, fiocco di neve, lacrima di Apache, rossa, verde, arcobaleno e, la più rara di tutte, trasparente.
Non è il colore, infatti, che identifica l'ossidiana, bensì la quantità di silicio che contiene.

Collegata al 1° chakra, questa pietra si usa per connettersi alla terra, per radicarsi. È utile per  chi ha poco contatto con la realtà e per le persone estremamente emotive, perché dona equilibrio, armonia ed aiuta a fare chiarezza nelle proprie emozioni, liberando anche quelle represse. Scioglie e disperde le energie stagnanti, aiutando a superare blocchi, paure e traumi.

In Sardegna si usa,insieme all'onice, per creare il coccu: il gioiello che si regala alle donne che si sposano e ai neonati quando nascono per proteggerli contro il malocchio. Le pietre nere, infatti, hanno il potere di assorbire e trattenere le energie negative e pesanti.
L'ossidiana è una pietra sacra per molte popolazioni, per le sue proprietà di ridurre ed attenuare il dolore. Per le popolazioni precolombiane, in particolare, esisteva una pratica detta Lo specchio di ossidiana, a fini divinatori

Pau, il Monte Arci e la via dell'ossidiana

L'oro nero del passato



A circa 140 km da Sassari e 70 km da Cagliari si trova il paese di Pau, sul versante orientale del Monte Arci, il massiccio isolato che si trova nella piana di Uras. Il paese è piccolino ma molto suggestivo, con degli splendidi scorci da fotografare e, fra le case in pietra e mattoni crudi, si nota una costruzione moderna: il Museo dell'ossidiana.
Il Monte Arci, infatti, è uno dei quattro giacimenti italiani di ossidiana, il vetro vulcanico utilizzato dagli uomini preistorici per la fabbricazione di utensili e monili.
Il Museo è una vera miniera di informazioni: si comincia dai luoghi di estrazione, si vedono le varie qualità del vetro, fino ad arrivare alla lavorazione ed al modo in cui è cambiata nel corso dei secoli.
si tratta di una mostra interattiva, dove non ci si limita solo ad osservare, ma si può anche visionare dei brevi documentari e toccare con mano le "pietre".
La via dell'ossidiana non si ferma qui: nella zona di Senixeddu si trova un sentiero che, tra schegge di ossidiana e querce, porta fino in cima al monte. Questa grande area verde è ora parco naturale  ed ospita, oltre al vetro vulcanico, flora e fauna tipiche del mediterraneo.